Quello che viene presentato con enfasi retorica da parte del ministro come un piano di “ristoro” volto al recupero di quanto è stato perso durante l’esperienza della didattica a distanza rappresenta un ulteriore tassello dello smantellamento della funzione della scuola.
Mezzo miliardo di euro. Potevano essere spesi per le urgentissime necessità della scuola in termini di organico, edilizia scolastica e contenimento dell’epidemia da Covid 19. E invece vengono scialacquati in una sfilza di iniziative estive da svolgere in collaborazione con enti pubblici e privati, fondazioni, associazioni, enti del terzo settore. Questo significa senza mezzi termini travasare fondi ministeriali direttamente nelle casse dei privati, proprio nel momento in cui le singole istituzioni scolastiche devono far fronte all’ennesimo taglio delle classi e degli organici, messo in atto anche per il prossimo anno scolastico.
Una precisa politica di disinvestimento, che si accompagna alla volontà di cedere “pezzi” della scuola a settori del mondo del lavoro, delle professioni e dell’associazionismo. Se ciò non bastasse, alle stesse istituzioni scolastiche viene chiesto di collaborare alla propria definitiva dismissione aprendo al “territorio”, stabilendo “relazioni di comunità” con le risorse locali e adottando veri e propri “patti educativi per la formazione”.
Una provocazione. Una retorica che tradisce un progetto ben preciso: togliere alla scuola la sua funzione di luogo di elaborazione del pensiero critico e screditare il lavoro del personale docente, facendo passare l’idea che chiunque può svolgere quel preziosissimo lavoro quotidianamente portato avanti da una classe di lavoratori sottopagata e costantemente umiliata.
Lo snodo cruciale di questo impianto neoliberista e aziendalista della scuola al servizio degli interessi del “territorio” sono i celebri patti di comunità quale “modalità perché il territorio si renda sostenitore, d’intesa e in collaborazione con la scuola, della fruizione del capitale sociale espresso dal territorio medesimo”. Una strategia che riduce palesemente i nostri studenti a “capitale sociale” (di cui la scuola deve facilitare la fruizione da parte del territorio) e gli insegnanti a facilitatori di un apprendimento dispensato on demand in pillole di unità formative funzionali alle richieste dei vari settori.
Ed è chiara l’intenzione di consegnare la scuola al mondo del privato finanziandone le attività di welfare, peraltro già dotate di appositi canali di sovvenzione economica.
Il passaggio necessario per l’attuazione del piano rimane la sua approvazione da parte degli organi collegiali. È qui che dovremo decidere se accettare o meno che le attività previste dal Piano Estate 2021 comprensivo dei fondi PON possano “essere realizzate dalle scuole anche in rete tra loro e con il coinvolgimento di Istituzioni ed Enti, pubblici, privati o del terzo settore”.
Collegh*, siamo proprio convinti che questo mezzo miliardo di euro sia davvero destinato e non piuttosto sottratto alla scuola?
Siamo proprio convinti di condividere questo impianto distruttivo di ciò che rimane della scuola pubblica, sempre più territorio di caccia per i privati?
Votiamo no al Piano estate 2021.
Difendiamo la scuola pubblica dall’ennesima aggressione aziendalistica del M. I.
Difendiamo la nostra professione
Difendiamo i nostri studenti
Di seguito è possibile scaricare due modelli di delibera collegialesul Piano Estivo da utilizzare:
Modello di delibera collegiale rifiuto Piano Estivo
Modello delibera collegiale per Piano Estivo solo con personale interno alla scuola
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