TERRA E LIBERTÀ PER I PALESTINESI. BOICOTTA ISRAELE

TERRA E LIBERTÀ PER I PALESTINESI. BOICOTTA ISRAELE

Tanti in questi giorni si stanno chiedendo cosa poter fare concretamente per mostrare il proprio sdegno nei confronti della carneficina di civili palestinesi che sta compiendo Israele e più in generale per diventare parte attiva nella lotta per la sopravvivenza del popolo palestinese. La buona notizia è che non serve inventarsi nulla di particolarmente nuovo: basta fare come è stato fatto contro l’apartheid sudafricano.

Anche verso Israele esiste da tempo una campagna di boicottaggio, nata nel 2005 e coordinata dalla Rete BDS (Boicottaggio, disinvestimento e sanzioni): è così temuta dallo Stato israeliano che i suoi coordinatori sono stati accusati nientemeno che di “terrorismo”. Ma la loro attività prosegue ed esiste una lista precisa di marchi che si invita a non acquistare allo scopo di rendere l’occupazione economicamente insostenibile e partecipare attivamente alla sua fine.

I marchi al centro della campagna di boicottaggio

Intanto è opportuno non comprare merci prodotte in Israele. Frutta (avocadi, melograni, datteri, agrumi, manghi…), verdura e vini provenienti da Israele sono spesso erroneamente etichettati come “Made in Israel”, quando invece provengono da terre palestinesi occupate.

Un codice a barre che inizia con 729 indica solitamente un prodotto di Israele. Non è del tutto affidabile, perché in verità la cifra identifica il Paese dove l’azienda ha ottenuto il prefisso aziendale, quindi possono esserci casi in cui non si rivela un metodo preciso, ma nella gran parte dei casi lo è.

Particolarmente rilevante nelle farmacie è la presenza di prodotti TEVA, una multinazionale israeliana del farmaco. Lo stesso dicasi per alcuni marchi di giocattoli: HALILIT, EDUSHAPE, TAF TOYS, INTERSTAR (TIP TOP TOYS), TINY LOVE, RUMMIKUB.

Poi è opportuno non comprare beni e servizi di ditte non israeliane che favoriscono il regime israeliano o hanno compartecipazione in aziende israeliane. Ecco un elenco di quelle più diffuse nel nostro Paese.

CARREFOUR, multinazionale francese della grande distribuzione alimentare, oltre ad aver aperto l’anno scorso un franchising con aziende israeliane direttamente coinvolte nel progetto coloniale dello stato ebraico, ha donato migliaia di pacchi alimentari all’esercito israeliano.

MCDONALD’S, DOMINO’S PIZZA, PIZZA HUT e PAPA JOHN hanno fatto generose donazioni all’esercito di Israele. La filiale israeliana di McDonalds ha dichiarato recentemente di aver regalato 100mila pasti all’esercito e di offrire uno sconto del 50% per i soldati e le forze dell’ordine israeliane. Una foto mostra soldati israeliani sorridenti con i panini di BURGER KING; accanto a loro il testo dell’azienda: «Siamo usciti per rafforzare la nazione di Israele. Le nostre squadre stanno lavorando diligentemente per continuare a donare migliaia di pasti ai nostri eroi».

HP (HEWLETT PACKARD), multinazionale statunitense dell’informatica, aiuta Israele a limitare gli spostamenti dei palestinesi fornendo un sistema di identificazione biometrico.

AHAVA, produttrice di cosmetici, ha il sito di produzione in un insediamento israeliano illegale.

DANONE, multinazionale francese di prodotti alimentari, detiene il 20% delle azioni dell’azienda alimentare israeliana STRAUSS GROUP, investendo nei territori occupati.

AXA, multinazionale francese nel settore di assicurazioni e finanza, investe in banche israeliane che sovvenzionano il furto di terre e risorse naturali palestinesi.

PUMA sponsorizza l’Associazione Calcistica israeliana, che comprende squadre negli insediamenti di Israele sulla terra palestinese occupata.

SODA STEAM è attivamente complice della politica israeliana di sfollamento dei cittadini beduini-palestinesi autoctoni di Israele nel Naqab (Negev), oltre ad avere una lunga storia di maltrattamenti e discriminazioni nei confronti dei lavoratori palestinesi.

SIEMENS è complice attiva nella proliferazione delle colonie israeliane in territorio palestinese attraverso la costruzione del progetto dell’Interconnettore EuroAsia che collegherà la rete elettrica israeliana con quella europea.

SABRA Dipping Company è una joint venture di prodotti alimentari ed è co-proprietaria di PepsiCo e del Gruppo STRAUSS, che fornisce sostegno finanziario all’esercito israeliano.

STARBUCKS sponsorizza raccolte di fondi per Israele.

COCA-COLA sostiene lo stato di Israele dal 1966.

NESTLÈ, società svizzera che possiede il 50,1% dei capitali della catena alimentare israeliana Osem.

INTEL produce la maggior parte dei chip PENTIUM 4 utilizzati dagli elaboratori PC nella sua fabbrica di Kyriat Gat, installata nel sito di Iraq Al-Manshiya, un villaggio palestinese raso al suolo dopo il suo sgombero nel 1949 da parte dei soldati egiziani.

L’ORÉAL ha investito milioni creando un’unità di produzione a Migdal Haemeck, tanto che il Congresso ebraico americano ha espresso la sua soddisfazione nel vedere L’Oréal “diventare un amico caloroso dello Stato di Israele”.

ESTÉE LAUDER, multinazionale USA di cosmetici, oltre ai suoi investimenti in Israele, ha come direttore il presidente di una delle organizzazioni sioniste più potenti negli Stati Uniti, il Fondo Nazionale Ebraico.

DELTA GAIL è un’impresa israeliana che subappalta prodotti tessili; numerosi indumenti intimi di marchi stranieri come MARKS & SPENCERS, CALVIN KLEIN, DKNY arrivano da lì.

LEVI STRAUSS JEANS e CELIO finanziano le nuove colonie in Palestina, ma anche le scuole degli estremisti religiosi nel mondo.

NOKIA commercia attivamente con lo Stato di Israele, dove ha un centro di ricerca.

CATERPILLAR contribuisce alla distruzione delle case in Palestina con i suoi bulldozer giganti.

ACCORHOTEL, catena alberghiera (marchi IBIS, MERCURY…), ha molti hotel in Israele e una succursale nei territori siriani occupati, il Golan.

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