Firmato a Palermo l’11 aprile 2019 un Protocollo d’Intesa fra il Comando Militare dell’Esercito e l’Ufficio Scolastico Regionale per la Sicilia. Vi si può leggere: “Il Comando militare dell’Esercito riserva particolare attenzione al mondo scolastico, accademico e scientifico per la diffusione dei valori etico-sociali, della storia e delle tradizioni militari, con un focus sulla funzione centrale che la Cultura della Difesa ha svolto e continua a svolgere a favore della crescita sociale, politica, economica e democratica del Paese”.
Mentre la fallimentare Alternanza Scuola-Lavoro (oggi PCTO) è stata giustamente ridimensionata (noi ci battiamo per la sua completa abolizione) perché nella pratica ha rappresentato in quasi tutti i casi una insopportabile perdita di tempo, c’è chi, come nel caso delle forze armate, pensa che, al contrario, sia utile “per affermare la conoscenza e il ruolo dell’Esercito al servizio della collettività e divulgare le opportunità professionali e di studio riservate alle fasce giovanili di riferimento”.
In un mondo attraversato da guerre e devastazioni, dove a intere popolazioni vengono negati i diritti più elementari, abbiamo bisogno di promuovere la cultura della pace, del rispetto, della cooperazione fra i popoli. Non c’è alcun motivo, per esempio, perché militari stranieri entrino, come avviene sempre più spesso con i soldati statunitensi, nelle nostre scuole. Non abbiamo alcun bisogno che alle nostre studentesse e ai nostri studenti vengano contrabbandate, per esempio, come imprese legittime atti di vero e proprio terrorismo di stato, come avvenuto qualche giorno fa in Irak. Nè serve che i militari ripuliscano scuole e ambienti, è un compito che tocca allo Stato, magari utilizzando eventuali somme recuperate attraverso la riduzione delle spese militari.
Ma non serve neanche che alunne e alunni si impegnino come cuochi e camerieri per le mense degli ufficiali; hostess per mostre e convegni militari; fabbri, falegnami e verniciatori per le officine di riparazione di vecchi blindati e carri armati.
Al contrario, come affermano tutte le convenzioni internazionali, tra i diritti del fanciullo c’è quello di non venire in “contatto con la guerra” (peraltro ripudiata dalla nostra Costituzione), e, quindi, non dovrebbe essere permesso lo svolgimento a scuola di nessuna manifestazione a carattere militare. Ma anche gli allievi della scuola secondaria di secondo grado devono crescere sviluppando e ragionando sulla cultura della pace e la stessa riflessione sul lavoro futuro deve servire alla loro crescita e a un inserimento consapevole nel mondo “degli adulti”.
Quanto sancito con questo protocollo va in tutt’altra direzione. Non abbiamo bisogno di studenti/soldato e tantomeno può essere delegato all’esercito “il coordinamento e monitoraggio di ogni sviluppo dell’attività formativa”. La scuola non può e non deve rinunciare al suo compito fondamentale: contribuire alla crescita di cittadine e cittadini consapevoli. Ne ha le capacità organizzative, intellettuali e didattiche, e non ha bisogno di interferenze esterne.
Per questi motivi i COBAS chiedono l’immediata revoca del suddetto protocollo.
COORDINAMENTO REGIONALE SICILIANO DEI COBAS SCUOLA
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