LA SCUOLA INSEGNA A PRENDERSI CURA DEL PIANETA
ENI PUO’ INSEGNARE A TRIVELLARE IL PIANETA
L’Educazione dei ragazzi, in questo momento storico, chiede altro
I Dirigenti scolastici ritirino l’accordo con la Multinazionale del petrolio le scuole di tutta Italia adottino l’agenda Onu2030 per progettare percorsi di cittadinanza attiva
Apprendiamo con preoccupazione che due giorni fa l’ANP ha siglato un accordo con ENI per formare i docenti in vista dell’insegnamento dell’Ed. Civica che dovrebbe partire nelle scuole il prossimo anno scolastico. Non è la prima volta che ENI entra nelle scuole (in Basilicata, per esempio, non si contano le scolaresche che vanno “in gita” al centro oli di Viggiano).
Oggi, però, appare al limite del paradosso l’incursione del gigante del petrolio nel mondo della scuola nella sua più delicata missione: la formazione dei docenti. Dall’anno prossimo ogni consiglio di classe dovrà pianificare n. 33 ore per la c.d. Educazione Civica in attuazione della recente l. n. 92/2019. Formare i docenti a progettare percorsi multidisciplinari per declinare questa importante attività è compito della scuola. Eni si occupa di trivellare, estrarre e trattare petrolio. L’educazione civica è altro e dev’essere appannaggio di altri (istituzioni scolastiche soprattutto in collaborazione con tutto il mondo educativo). Perché?
È appena il caso di ricordare che ENI è protagonista di uno storico processo a Milano: i legali della ONG Friends of the earth, che rappresentano il re Francis Ododo e gli oltre 5 mila abitanti della comunità Ikebir (un popolo che vive di pesca e agricoltura sul delta del Niger, in Nigeria) hanno citato in giudizio ENI, insieme alla sua controllata Nigerian Agip Oil Company (NAOC). La comunità nigeriana chiede 2 milioni di euro di risarcimento danni per un disastro ambientaleavvenuto nel 2010 a Clough Creek, nello Stato meridionale del Beyalsa.
ENI è, inoltre, indagata per disastro ambientale, abuso d’ufficio e falso ideologico in Basilicata nell’ambito dell’inchiesta della procura di Potenza. Coinvolti anche i rappresentanti del Comitato tecnico regionale, organo dell’amministrazione pubblica che avrebbe dovuto vigilare sulle operazioni del COVA di Viggiano, in quanto impianto a rischio di incidente rilevante. Incidente verificatosi e riconosciuto nel 2017, quando 400 tonnellate vengono sversate (è la stessa ENI a dichiararlo) in un territorio importantissimo dal punto di vista idrologico. Infatti il COVA si trova a soli 2 km (a monte!!) dall’invaso del Pertusillo che porta acqua anche a diversi milioni di pugliesi.
Anche Amnesty International ha evidenziato “gravi negligenze da parte delle aziende petrolifere Shell ed Eni, il cui approccio irresponsabile alle fuoriuscite di petrolio nel Delta del fiume Niger sta aggravando la crisi ambientale in quella regione della Nigeria” (leggi qui).
Non si comprende, infine, l’opportunità di scegliere una azienda che si occupa di energia fossile quando documenti scientifici internazionali e documenti di impegno sottoscritti anche dal nostro paese definiscono chiaramente l’esigenza di abbandonare tali fonti per la salvaguardia del pianeta e dei suoi abitanti.
I dirigenti, le dirigenti, gli insegnanti, le insegnanti, i maestri, le maestre, gli studenti e le studentesse, i genitori di tutta Italia non si prestino a questa operazione di greenwashing e progettino percorsi di educazione civica all’insegna della cittadinanza attiva per l’attuazione dell’agenda 2030.
Qui può essere firmata questa petizione lanciata da Scuola Bene Comune Altamura.
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