RICONOSCIMENTO anno 2013. Aggiornamenti ricorso – Video


Quest’anno scolastico 2024/2025 si è aperto con una particolare insistenza da parte di alcune OO.SS. sul ricorso per il riconoscimento dell’anno 2013 ai fini della ricostruzione di carriera.
Non può sfuggirci che ad aprile 2025 ci saranno le elezioni RSU e che così – probabilmente – costoro hanno pensato di farsi una facile propaganda utilizzando l’argomento del ricorso per acquisire un consenso basato essenzialmente sui servizi e non sull’effettiva tutela dei diritti del personale docente e ATA.
Ovviamente, come ogni propaganda che si rispetti [?] anche in questo caso invece di affrontare il problema per quello che è – un’ingiusta decurtazione economica legata a scellerate politiche di rigore economico pagate sempre e solo da lavoratori e lavoratrici – questi signori hanno pensato bene di utilizzarla in funzione delle elezioni RSU e per fare proselitismo, così piuttosto che concorrere a una mobilitazione a tutela dei nostri redditi [vedi QUI] preferiscono rinviare ai Tribunali aspetti che potrebbero essere risolti anche per via contrattuale: esattamente come è già avvenuto in questa vicenda per gli anni 2011 e 2012.

Anche nella nuova tornata contrattuale pare non si parli proprio di sanare questa situazione, e allora ci troviamo a dover far valere i nostri diritti non lottando per condizioni economiche e di lavoro più giuste ma impugnando norme nei tribunali coi rischi che ne derivano.
Tra questi rischi c’è anche quello derivante dalla differente interpretazione che finora i giudici hanno dato alla questione che – purtroppo – non è ancora così chiara e lineare come i soliti noti imbonitori vogliono invece far sembrare.
Recentemente, infatti la Corte d’Appello di Roma [sent. n. 3078/2024], in un caso che riguardava docenti del conservatorio, ha rigettato il ricorso con la seguente motivazione: «In pratica – come ben sottolineato dalla difesa erariale – l’accoglimento della tesi attorea vanificherebbe totalmente il risparmio che la norma ha previsto, con conseguente impatto negativo sui saldi di finanza pubblica, messi in sicurezza proprio dalla citata legge n. 183/2011» e condannando i ricorrenti a ben oltre 10.000€ di spese.
Proprio per evitare effetti controproducenti come questi è allora opportuno attendere la decisione della Cassazione – prevista per il prossimo aprile – sulla sent. n. 66/2024 della Corte d’Appello di Firenze che ha invece dato ragione ai ricorrenti.

Cosa fare nel frattempo?

  1. produrre, per chi ancora non l’avesse fatto, al più presto una diffida interruttiva della prescrizione [QUI un modello aggiornato];
  2. preparare ricorsi individuali, valutando con attenzione le singole situazioni personali per verificare gli effetti concreti di un’eventuale sentenza favorevole, relativamente ai periodi non prescritti.

In questo video gli aggiornamenti e una sintesi dell’intera vicenda curata dai legali nazionali.

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