Nella logica della guerra cognitiva è imprescindibile una forte azione di propaganda: è necessario che i cittadini riattivino una identificazione con l’esercito, percependolo come parte integrante e positiva della nazione. Riattivare i “valori” fondanti delle forze armate è proprio l’obiettivo che la Difesa ha individuato, e le scuole sono il terreno da coltivare.
Un altro motivo, ben preciso e concreto, per il quale la forma contemporanea della guerra deve coinvolgere le nostre scuole è – come abbiamo visto – il nuovo bisogno di truppe da parte degli eserciti, il reclutamento.
Nonostante l’apparenza pragmatica di questa impostazione [far sì che i giovani abbiano accesso a un’occupazione lavorativa subito dopo gli studi], si tratta in realtà di un’ideologia; un’ideologia basata sul mito della flessibilità, della prestazione, del merito. Una concezione dell’istruzione eterodiretta, che annulla il pensiero filosofico critico e utopico e l’insegnamento dei diversi modi di pensare il presente.
In questa ottica di militarizzazione la funzione della scuola si può sintetizzare così:
– costruire i problemi e le loro soluzioni nella modalità della sconfitta di un nemico [come fa la “cultura della difesa”, e come la cultura della pace insegna a non fare];
– attraverso l’ingente sponsorizzazione privata, condizionare la ricerca accademica affinché agisca a supporto del sistema militare-industriale [mentre la propaganda parla di dual use, civile e militare];
– creare il consenso al progetto bellico;
– promuovere il reclutamento.



