
Docenti, ATA e precari della scuola lottano per una scuola aperta a tutti, sganciata dalle logiche aziendali e padronali, contro tagli e precarizzazione, per stipendi europei, per il recupero del potere d’acquisto e chiedono 400€ lordi mensili uguali per tutti, docenti e ATA.
Il governo Meloni ha inserito in finanziaria il licenziamento di 8.000 tra docenti e ATA per il prossimo anno scolastico, ne faranno le spese quelle decine di migliaia di precari usati come manodopera di riserva, sottopagati, con diritti ridotti che continuano a essere da anni “carne da macello” per i tagli dei governi neoliberisti e che, dopo l’introduzione di una sorta di “marchetta di stato”, possono sperare di continuare a insegnare/lavorare solo comprando per 3.000 €, al mercato dei titoli, punteggi, titoli farlocchi e CFU.
Invece di garantire una scuola per tutti, riducendo gli studenti nelle “classi pollaio”, si continuano a tagliare migliaia di posti [5.600 docenti e 2.174 ATA] col licenziamento di fatto di migliaia di precari e il conseguente smantellamento della scuola pubblica.
Lottiamo anche contro la nefasta controriforma degli istituti professionali e tecnici, che ci riporta al vecchio “avviamento professionale” ovvero a una “scuola di classe“, che addestra al lavoro acefali futuri disoccupati attraverso la didattica di regime, ovvero la didattica per competenze, contrastando la didattica costruita sui saperi e sull’insegnamento che invece lavora per costruire soggetti critici e pensanti, una comunità basata sulla condivisione, l’intercultura e l’integrazione.
Chiediamo – come “chiede la Corte Europea” – l’immediata assunzione dei docenti precari con tre anni di servizio, insieme ai precari ATA con 24 mesi di servizio, per combattere la precarizzazione strutturale di centinaia di migliaia di lavoratori, che viene usata per governare una progressiva diminuzione del personale scolastico e continuare l’attacco padronale e aziendalista, iniziato dall’OCSE, contro la scuola per tutti, della Costituzione, costruita con le lotte e le riforme dagli anni ’60-’70.
Molti dirigenti scolastici sembrano immedesimarsi, ridicolmemte, in “piccoli napoleoni”, che hanno perso lucidità e contatto con la comunità scolastica e – favoriti da leggi autoritarie e contratti indecenti – cercano di limitare la libertà di insegnamento definita dall’art. 33 della Costituzione dopo il ventennio fascista. Per questo ci opponiamo al tentativo di governare le vite dei lavoratori limitandone i diritti attraverso modelli autoritari, costruendo cerchi magici e verticali che tentano di limitare l’orizzontalità della comunità educante, che invece deve lavorare con la pratica della condivisione e della cooperazione tra pari e non con la logica aziendale della competizione, della gerarchia, dell’individualizzazione e dell’intimidazione nella scuola e nella società.
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