Breve storia della contrattazione
La firma di questo ultimo contratto ci ha indotto ad una riflessione sulla significanza storica che i CCNL scuola hanno rappresentato negli ultimi decenni. Con uno sguardo retrospettivo abbiamo cercato di individuare i cambiamenti di fondo delle vicende contrattuali dal 1986 [nascita dei COBAS Scuola] ad oggi.
Prima del 1986 i contratti avevano valenza triennale e gli accordi tra governo e sindacati si tramutavano in d.P.R. Questa modalità di relazione tra le parti si protrarrà fino al contratto del 1988 – 1990. Di fatto la trattativa era diretta, senza intermediazioni. Negli anni successivi la logica della compatibilità economica e la sua accettazione da parte delle organizzazioni sindacali rappresentative [all’epoca CGIL, CISL, UIL e SNALS] determina una politica sindacale che viene definita concertazione [ratificata dagli accordi del dicembre 1993 tra sindacati e Confindustria] e che di fatto dagli anni ’90 in poi impedisce qualsiasi conflitto sulla parte economica della contrattazione. Contemporaneamente gli accordi del 31 luglio 1992 eliminano definitivamente la scala mobile dall’aumento retributivo [per il Pubblico Impiego era definita Indennità Integrativa Speciae – IIS ed ancora appare nei nostri cedolini]. Il 12 giugno 1990 inoltre viene approvata la legge 146 [definita legge anti-Cobas] che pone una serie di limiti all’indizione degli scioperi. In particolare nella scuola impedisce il blocco degli scrutini, strumento che aveva consentito il ciclo di lotte degli anni 1986 – 1988.
La concertazione nel Pubblico Impiego si realizza attraverso l’istituzione dell’ARAN [Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni] che avviene con il d.lgs. n. 29/1993. Questo passaggio legislativo apporta una modifica sostanziale nei rapporti tra le parti che non sono più diretti ma prevedono una intermediazione ed una accettazione delle compatibilità economiche determinate dal governo in carica. Di fatto la “trattativa” si riduce a come redistribuire nel Pubblico Impiego le somme decise a priori dalle leggi finanziarie del governo. La logica dell’accettazione del quadro economico-normativo vigente da parte delle Organizzazioni Sindacali diviene del tutto esplicita. Nel frattempo il CCNL 1991 – 1993, in attesa dell’istituzione dell’ARAN, viene del tutto bypassato, forse per punire il personale della scuola degli aumenti ottenuti, grazie alle lotte, nel contratto precedente? Con l’ARAN la contrattazione che era triennale diviene quadriennale per l’aspetto normativo e biennale per il rinnovo economico. Dal contratto 2016 – 2018 si ritorna invece alla triennalizzazione.
Questo lavoro retrospettivo ci ha portato ad individuare alcune costanti dei rinnovi contrattuali.
Uno dei punti fermi è senz’altro la risibilità dei cosiddetti “aumenti” e che presentiamo in un’altra parte di questa introduzione. L’unico aumento di rilievo è stato ottenuto nel 1988 con il cosiddetto contratto Cobas che, tra l’altro, è l’unico ad essere stato siglato in tempi congrui. I contratti erano triennali 1985-1987 e 1988-1990.
Un altro “punto fermo” è il ritardo con cui regolarmente sono stati siglati i contratti fino all’odierna vicenda con un accordo ARAN e sindacati del 14 luglio 2023 e contratto siglato in via definitiva il 18 gennaio 2024 che riguarda il periodo 2019 – 2021! A questi ritardi si aggiungano i “buchi” di rinnovo contrattuale: quello del 1991 – 1993, di cui abbiamo già detto, e quello addirittura di 6 anni tra il 2010 e il 2015 [vedi la seguente tabella].

Un’altra costante dei rinnovi contrattuali è il tema della differenziazione della categoria, obiettivo che le OO. SS. hanno pervicacemente perseguito in vari modi negli ultimi decenni. A più riprese si è tentato di differenziare il ruolo docente e ATA attraverso l’introduzione di figure sistemiche da premiare e posizioni economiche diversificate. Il primo tentativo è stato nel 1987, contratto della rivolta COBAS, con la prefigurazione di figure come il tutor e il formatore. Tentativo fallito per l’opposizione di docenti e ATA. Un secondo tentativo è stato portato avanti con il contratto del 1998 in cui attraverso un concorso si sarebbe dovuto premiare con uno stipendio più alto [6 milioni annuali di lire] il 30% della categoria. Anche questa norma del CCNL viene ritirata per la grande mobilitazione della categoria del 17 febbraio 2000 con sciopero e manifestazione nazionale al ministero, che portarono alle dimissioni di Berlinguer.
Evidente come questi tentativi vedevano il pieno accordo tra governo e sindacati al punto che per preparare al concorso e poter rientrare nel 30% dei “bravi” le varie Organizzazioni Sindacali avevano perfino organizzato dei corsi!
Come per i docenti, anche per gli ATA si creano meccanismi di differenziazione delle posizioni, a partire dal nefasto art. 7 del CCNL 2005 fino ad arrivare all’attuale art. 52 del CCNL 2024, in modo da creare ulteriore concorrenza individuale.
Dopo il fallimento dei precedenti tentativi di diversificare gli stipendi con normative contrattuali nazionali, sindacati e governi hanno aggirato l’ostacolo spostando le risorse economiche dalla contrattazione nazionale alla contrattazione di istituto in virtù della contemporanea introduzione dell’Autonomia Scolastica e il tentativo di trasformazione della scuola da Istituzione ad Impresa. Progressivamente si cerca di svuotare di potere gli organi collegiali in favore della contrattazione di Istituto, legittimando a questo livello le differenziazioni retributive. A tutti gli effetti il contratto integrativo di Istituto si pone come contrattazione decentrata di II livello come avviene nelle aziende e la trasformazione della figura del direttore didattico o del preside in Dirigente scolastico [e Datore di lavoro] chiude il cerchio.
Infine contestualmente al progressivo smantellamento degli scatti automatici determinati dalla Scala Mobile, i sindacati scuola “maggiormente rappresentativi” hanno indebolito il riconoscimento economico legato alla progressione di carriera. Gli scatti stipendiali che erano biennali fino al 1993, con il CCNL del 1994 si attuano dopo 6 o 7 anni, e il primo scatto che avveniva dopo 3 anni, con il CCNL del 4 agosto 2011, avviene solo dal decimo anno di servizio!
Il nuovo CCNL e il PNRR
Anche il nuovo CCNL si iscrive coerentemente all’interno del percorso avviato negli ultimi decenni a partire dall’Autonomia scolastica [d.P.R. n. 275/1999] di Luigi Berlinguer, per proseguire con continuità con la Moratti [2003], Gelmini [2008 – 2010] e Renzi [“Buona Scuola”, l. n. 107/2015]. Molte di queste pseudo-riforme si sono però in parte arenate per l’impossibilità di disarticolare del tutto l’impianto collegiale democratico della Scuola.
Ma la pressione verso la trasformazione in senso imprenditoriale è stata ripresa con forza grazie all’occasione offerta dall’emergenza Covid, attraverso le ingenti risorse del PNRR e la connessa retorica dell’innovazione digitale e delle varie transizioni, più o meno sedicenti “green”. Col solo Recovery and resilience facility – RRF sono previste risorse per 191,48 miliardi di euro, da impiegare nel periodo 2021- 2026, delle quali solo 68,88 miliardi sono sovvenzioni a fondo perduto, mentre 122,60 mld sono prestiti che andranno restituiti con interessi “a tasso agevolato” [sic!]. Magari tagliando servizi e pensioni?
Ma le scuole non hanno avuto modo di scegliere come sarebbe stato meglio investire quei soldi e, come abbiamo potuto sperimentare, gli Organi Collegiali raramente sono riusciti ad approfondire quanto rimane nelle loro competenze deliberare. E, per di più la legge n. 108/2021, ha addirittura previsto con l’art. 13 la possibilità del Superamento del dissenso che legittimamente alcune scuole hanno espresso. Così anche per la Scuola arrivano i soldi, ma bisogna spenderli solo in un certo modo, deciso altrove, con finalità non condivise dalle scuole: col PNRR si “riforma” anche la Scuola e il CCNL diventa uno strumento importante di questa trasformazione. Infatti:
- il PNRR prevede la Riforma 1.4: Riforma del sistema di orientamento [poi definito dal d.m. n. 63/2023] e il CCNL contrattualizza e quindi legittima le figure del tutor e orientatore [art. 30, comma 4, lett. C11), CCNL 2024] tanto attese dall‘Associazione Nazionale Presidi-ANP [“Per noi di ANP si tratta di figure molto utili che prefigurano il management scolastico, che esiste in tutta Europa e da noi no, se non a livello “artigianale”. Con il tutor e l’orientatore abbiamo una prima forma di management scolastico che dà fastidio ai sindacati tradizionali anche per la diversificazione stipendiale che ne consegue”, Mario Rusconi pres. ANP Lazio]
- il PNRR prevede la Riforma 2.2: Scuola di Alta Formazione e formazione obbligatoria per dirigenti scolastici, docenti e personale tecnico-amministrativo [poi istituita e normata dalle leggi n. 79 e n. 142/2022] e il CCNL fa diventare la formazione un “dovere” e crea artificiosamente e a costo zero lo spazio per la sua realizzazione [art. 36, commi 4, 5 e 7, e art. 44, comma 4, CCNL 2024].
- il PNRR prevede l’Investimento 2.1: Didattica digitale integrata e formazione sulla transizione digitale del personale scolastico: “accelerare la trasformazione digitale dell’organizzazione scolastica e dei processi di apprendimento e insegnamento, in coerenza con il quadro di riferimento europeo delle competenze digitali DigComp 2.1 (per studenti) e DigCompEdu (per docenti)” e l’Investimento 3.2: Scuola 4.0 – scuole innovative, nuove aule didattiche e laboratori [poi adottato col d.m. n. 161/2022] e il CCNL introduce nuove modalità di lavoro a distanza sia per il personale ATA [artt. 11, 12, 13, 14, 15 e 16, CCNL 2024] sia per alcune attività del personale docente [art. 44, comma 6, CCNL 2024].
E così, se nella premessa del PNRR Draghi scriveva della “… incapacità di cogliere le molte opportunità legate alla rivoluzione digitale”, con l’acquiescenza dei sindacati firmatari, anche nella Scuola il cuore del progetto diventa la“transizione digitale”, con il connesso obbligo di formazione per i docenti, classificati – come previsto dal Piano Scuola 4.0 [punto 1.2.3] – da Novizio a Pioniere [sic!], mentre per il personale ATA il CCNL introduce come requisito di base per l’accesso alle aree professionali [esclusa quella dei “collaboratori”] una “certificazione internazionale di alfabetizzazione digitale” [Allegato A, CCNL 2024].
È evidente che il PNRR con le sue “riforme”, fatte proprie dal nuovo CCNL, oltre a rappresentare un’occasione di profitto per big-tech e altri soggetti privati a cui il MIM eroga finanziamenti pubblici, prosegue le politiche scolastiche di smantellamento dell’istruzione pubblica minando la “libertà di insegnamento” [art. 33 Cost.] e l’“autonomia professionale nello svolgimento dell’attività didattica, scientifica e di ricerca” [art. 1, d.lgs. n. 297/1994] in preda a quel discutibilissimo tecno-ottimismo digitale che forzosamente si tenta di imporre all’intera società.
A tutela della “libertà di insegnamento” e della “autonomia professionale” è però possibile porre qualche argine, utilizzando anche i materiali pubblicati qui: COME DIFENDERE LA SCUOLA DELLA COSTITUZIONE e Libertà di insegnamento, di formazione e di auto-formazione.
Inoltre, l’art. 46 del CCNL 2024 predispone l’introduzione di ulteriori gerarchie tra i docenti aggiungendo al “personale impegnato nelle attività di tutor, orientamento” anche un futuro personale impegnato nelle attività di“coordinamento”, riprendendo le previsione contenute nell’art. 44 della l. n. 79/2022 e nell’art. 38 della l. n. 142/2022 relative al “docente incentivato” e al “docente stabilmente incentivato”.

I cosiddetti aumenti salariali
Oltre la ridicola Una tantum [63,84€ per i docenti e 44,11€ per gli ATA] prevista dall’art. 75, l’art. 74 del CCNL prevede un aumento di alcune voci contrattuali “a valere dal 2022”, davvero singolare per un contratto scaduto già il 31.12.2021 [780€ annui per l’indennità del DSGA; da 10,30 a 16,10€ mensili per la RPD e da 6,70 a 7,40 mensili per il CIA] e finalmente – dopo oltre 15 anni – l’art. 80 prevede un aumento, questo “a valere dal 1° gennaio 2024”, di solo il 10% [ma per i “funzionari” di oltre il 20%] dei compensi orari per le attività aggiuntive, ma questo senza aumentare il F.I.S., in questo modo il risultato sarà quello di diminuire le ore da svolgere. Analogo il caso delle posizioni economiche del personale ATA: l’art. 79 aumenta i compensi [+100€ prima posizione e +200€ seconda posizione], ma non l’aumento delle risorse complessive. Così si determinerà un minor numero di “posizioni”, specialmente quelle dei collaboratori scolastici.
Comunque, la situazione salariale continua a essere quella che denunciamo da anni e che ha determinato la situazione sintetizzata dalla tabella sottostante, il personale docente e ATA ha perso decine di punti percentuali di potere d’acquisto, il DSGA ha faticosamente mantenuto il proprio, mentre è stata “premiata” la figura del dirigente scolastico, garante della trasformazione della Scuola da istituzione pubblica a soggetto para-imprenditoriale.

Come è chiaramente visibile nella tabella, l’assenza di meccanismi di tutela dei salari [la SCALA MOBILE è stata abolita nel 1992] ha determinato nel corso degli ultimi decenni una secca riduzione di tutte le retribuzioni, accompagnata dall’introduzione di meccanismi di ricerca di salario accessorio individuale scuola per scuola, tali da determinare crescenti divisioni e tensioni interne al personale docente e ATA, oltre all’aumento del potere dei dirigenti e al rafforzamento di gruppi di potere [cerchio magico] intorno ai dirigenti stessi.
Infine, anche l’impietoso confronto tra i salari dei docenti italiani e la media OCSE [2023, tabella sotto] lascia pochi dubbi sullo scarsissimo riconoscimento che il nostro lavoro riscuote presso i nostri Governi e tra le organizzazioni sindacali che continuano a sottoscrivere CCNL che determinano questo progressivo impoverimento delle nostre retribuzioni.

La relazioni sindacali d’istituto
Il nuovo CCNL conferma i limiti già imposti alla contrattazione d’istituto dai precedenti contratti. Infatti l’art. 30 conferma le cosiddette iniziative unilaterali, che permettono ai dirigenti scolastici di adottare alcune misure perfino senza arrivare a un accordo con le RSU:
- sia quelle “definitive” [comma 6, art. 8], su: c1) prevenzione e sicurezza; c5) i criteri per l’utilizzo dei permessi sindacali; c6) fasce temporali di flessibilità oraria in entrata e in uscita per il personale ATA; c7) ripartizione risorse formazione del personale; c8) diritto alla disconnessione; c9) i riflessi sulla qualità del lavoro e sulla professionalità delle innovazioni tecnologiche; c10) il personale tenuto ad assicurare i servizi essenziali coincidenti con l’assemblea sindacale; c11) risorse e compensi tutor e orientatore. E sui contingenti in caso di sciopero previsti dal comma 5.
- sia quelle “provvisorie” [comma 7, art. 8], su: c2) i criteri per la ripartizione del FMOF e per la determinazione dei compensi; c3) i criteri per l’attribuzione e la determinazione di compensi accessori; c4) compensi finalizzati alla valorizzazione del personale, compreso l’ex “premio” della Buona Scuola.
Viene peggiorato anche il confronto. Quando il CCNL 2018 introdusse l’istituto del “confronto” era evidente che il conflitto contro il decreto Brunetta, fondato sull’applicazione del CCNL 2007 veniva risolto a favore dei dirigenti scolastici. Infatti, i sindacati firmatari [nonostante la CGIL, insieme ai COBAS, fosse arrivata persino al ricorso in Cassazione] accettavano che non fossero più materie di contrattazione le “modalità di utilizzazione del personale”, “i criteri riguardanti le assegnazioni del personale […] alle sezioni staccate e ai plessi”, “i criteri e le modalità relativi all’organizzazione del lavoro e all’articolazione dell’orario” [art. 6, comma 2, CCNL 2007]. Materie fondamentali per difendere le condizioni di lavoro di docenti e ATA diventavano oggetto di un’eventuale riunione di “confronto”, che si conclude solo con “una sintesi dei lavori e delle posizioni emerse”. Imboccata questa strada la situazione non poteva che peggiorare. Infatti, ora diventano oggetto di “confronto” anche l’attribuzione degli “incarichi specifici” [art. 54, comma 3, CCNL 2024], precedentemente oggetto di contrattazione, “le modalità attuative del lavoro agile e del lavoro da remoto” nonché “i criteri per il conferimento degli incarichi al personale ATA” [art. 30, comma 9, lett. b5) e b6), CCNL 2024].
Fortemente limitata anche l’informazione, per la quale l’art. 30, comma 10, lett. b3) del nuovo CCNL precisa che non deve essere possibile associare i compensi attribuiti dal fondo per il miglioramento dell’offerta formativa ai nominativi dei lavoratori che lo percepiscono, impedendo così l’accesso ai dati relativi alla retribuzione del personale a livello di contrattazione d’istituto. Ricordiamo che nonostante il parere contrario del Garante della privacy, su questo tema molti tribunali nonché la Commissione per l’accesso agli atti amministrativi presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri hanno però accolto i ricorsi delle organizzazioni sindacali e del personale proprio in virtù del principio della trasparenza. Sembra tornare ai segreti dell’ex premio della Buona Scuola di renziana memoria, quando i beneficiari di quella regalia dirigenziale erano un segreto.
Un’apparente rivoluzione per il personale ATA
Oltre a limitati interventi per quanto riguarda la responsabilità disciplinare [articoli da 22 a 29] il CCNL modifica l’Ordinamento professionale [articoli da 49 a 60] che entrerà in vigore il 1° maggio 2024 [art. 59, comma 1] con la trasposizione prevista dalla seguente tabella, che crea non poche perplessità sulla fase transitoria e sull’acquisizione dei titoli di accesso richiesti:

Contemporaneamente vengono ampliate le mansioni e nel caso dei collaboratori scolastici si aggiunge l’assistenza agli alunni “nelle scuole dell’infanzia e primaria, nell’uso dei servizi igienici e nella cura dell’igiene personale” [Allegato A].
Un contentino per il personale precario
Mentre si mantengono nella precarietà decine di migliaia di colleghi e colleghe e mentre le leggi n. 79 e n. 142/2022 – di attuazione del PNRR – prefigurano percorsi a ostacoli per l’accesso al ruolo e impongono nuovi obblighi di formazione, il comma 12 dell’art. 35 del nuovo CCNL finalmente prevede che siano retribuiti i tre giorni di permesso per motivi personali o familiari. Naturalmente il costo per garantire questo legittimo diritto non è sostenuto da risorse aggiuntive, ma sottraendolo agli aumenti contrattuali.
Altre novità
Congedo donne vittime di violenza. L’art. 17 prolunga da 90 a 120 giorni il periodo di congedo.
Mobilità. Invece di intervenire contrattualmente per allentare i vincoli imposti per legge [art. 58 l. n. 106/2021], l’art. 30, comma 4, lett. a1) del nuovo CCNL ribadisce l’obbligo di permanenza triennale per neoassunti e trasferiti.
Congedi genitori. L’art. 34 recepisce quanto già previsto dalla normativa vigente con alcune “specificazioni migliorative”.
Supplenze per il personale di ruolo. Viene ridotta questa opportunità escludendo la possibilità di accettare supplenze su spezzoni orari [art. 47 per i docenti e art. 70 per gli ATA].
Assistenti tecnici del primo ciclo. È riconosciuta una misera indennità [da 350 a 800€ annui lordi, art. 77] per gli assistenti che saranno costretti a girare come trottole sui diversi plessi delle diverse direzioni didattiche, istituti comprensivi e scuole medie che verranno loro attribuiti. Anche in questo caso nessun incremento di risorse, ma indennità sottratte al FMOF.



