28 novembre SCIOPERO GENERALE. COSA CHIEDE LA SCUOLA

QUI la comunicazione dello sciopero pubblicata sul sito del MIM

Il 28 novembre i COBAS – insieme a tutto il sindacalismo di base – hanno proclamato lo sciopero generale CONTRO LA FINANZIARIA per l’intera giornata in tutti i settori del lavoro pubblico e privato.
Per la SCUOLA questa finanziaria prevede: scarsi finanziamenti anche per il rinnovo del prossimo contratto, ulteriori finanziamenti per le scuole private, ulteriori tagli al personale docente e ATA, copertura delle supplenze fino a 10 giorni col personale interno, altri soldi sperperati per tutor e orientatori.

QUESTE INVECE LE NOSTRE RICHIESTE

Recupero del potere d’acquisto dei nostri stipendi: 30% di aumento

Dall’entrata in vigore dell’ultimo contratto di diritto pubblico [il d.P.R. n. 399/1988, il cosiddetto “Contratto COBAS”] fino alla recente Ipotesi per il CCNL del 5.11.2025, gli stipendi di docenti e ATA hanno subito una perdita del proprio potere di acquisto di circa il 26%, a causa delle politiche “concertative” assecondate dalle OO.SS. firmatarie di contratti che neanche recuperano quanto eroso dalla sola inflazione [vedi QUI].
Questa perdita rappresenta una svalutazione materiale, ma anche simbolica della funzione educativa e del ruolo sociale della Scuola, un impoverimento delle condizioni di vita di docenti e ATA che si traduce nella svalorizzazione del nostro lavoro. Il recupero del potere d’acquisto perso è quindi una necessità di giustizia e dignità sociale. La qualità dell’istruzione dipende anche dal riconoscimento economico di chi quotidianamente costruisce il sapere e le relazioni.

Pensione corrispondente all’ultimo stipendio e in età compatibile con un lavoro gravoso e usurante – No al Fondo Espero e al «silenzio-assenso»

Come accadeva in un passato che dovremmo ricordare e rivendicare, la pensione deve corrispondere all’ultimo stipendio per evitare che le condizioni di vita peggiorino una volta usciti dal lavoro e deve essere adeguata all’andamento del costo della vita.
È inaccettabile la privatizzazione strisciante della previdenza pubblica realizzata attraverso i fondi pensione negoziali come Espero, promosso e amministrato dai sindacati “rappresentativi” e dall’amministrazione, così come è inaccettabile il meccanismo truffaldino del «silenzio-assenso» per chi è entrato di ruolo dopo il 1° gennaio 2019. È necessario invece destinare risorse pubbliche per rafforzare il sistema previdenziale, garantendo un’uscita dal lavoro a un’età compatibile con la fatica fisica e psicologica che l’insegnamento e i compiti ausiliari comportano [lavori gravosi e usuranti]. 

Assunzione su tutti i posti disponibili e ripristino del “doppio canale” per eliminare il precariato

Il precariato nella scuola italiana è una ferita aperta che dura da decenni. Più di 200.000 docenti e ATA vivono in una condizione di instabilità cronica, passando da un contratto all’altro, spesso lontani da casa, privi di continuità didattica e di tutele. Questa situazione non solo penalizza i lavoratori/trici, ma danneggia la qualità dell’insegnamento e la continuità educativa. È necessario assumere “in ruolo” su tutti i posti vacanti e disponibili in organico, procedendo a stabilizzazioni immediate tramite procedure snelle e trasparenti e ripristinando il “doppio canale”.

Ruolo unico docenti dalla scuola dell’infanzia alla secondaria di secondo grado

La frammentazione della professione docente in una molteplicità di ruoli e contratti differenziati ha creato disuguaglianze ingiustificate e un indebolimento complessivo della categoria. La proposta di un ruolo unico dei docenti, che comprenda l’intero arco dell’istruzione statale, dall’infanzia alla scuola secondaria di secondo grado, intende riconoscere la natura unitaria della funzione docente. L’insegnamento, pur con le specificità dei diversi ordini e gradi, è fondato sulla medesima finalità educativa e formativa. Il ruolo unico permetterebbe di superare disparità contrattuali e percorsi di carriera disomogenei, favorendo una retribuzione equa e commisurata alla professionalità.

No alla “riforma a pezzi” della scuola di Valditara [tecnici e professionali quadriennali – Made in Italy – tutor e orientatore – docenti incentivati – riforma degli organi collegiali] 

Seppur diviso in provvedimenti specifici, si tratta di un disegno complessivo che punta a completare l’aziendalizzazione della scuola tramite la differenziazione e gerarchizzazione dei docenti e la subordinazione degli organi collegiali al dirigente-manager, asservendo la scuola  pubblica alle scelte imprenditoriali che privilegiano lavoratori precari, a basso costo e dequalificati.

No all’acritica diffusione delle tecnologie digitali e all’introduzione dell’I.A. nella didattica

L’introduzione dell’Intelligenza Artificiale nella didattica – con le recenti Linee Guida emanate dal MIM – aggrava i rischi già presenti nell’utilizzazione delle altre tecnologie digitali, diffondendo modelli standardizzati di interazione e comportamento su cui si tende ad appiattirsi, corrodendo l’autonomia, l’approccio critico e la libertà di docenti e studenti/esse. Inoltre, costringe ad adeguarsi a tecnologie che rischiano di produrre danni legali, etici e ambientali inaccettabili, tra cui lo sfruttamento del lavoro, la pirateria di opere di creatori e artisti, pregiudizi dannosi, disinformazione e aumento delle emissioni globali.

Classi con un massimo di 20 alunni, e 15 in presenza di alunni con disabilità

La qualità dell’istruzione passa anche attraverso le condizioni materiali in cui si apprende e si insegna. Classi sovraffollate con oltre 25 o 30 alunni/e impediscono un lavoro didattico efficace, aumentano lo stress dei docenti, riducono l’attenzione verso i singoli e l’inclusione. Va fissato per legge un numero massimo di 20 alunni/e per classe, che scenda a 15 in presenza di alunni/e con disabilità: è un investimento per la qualità, la sicurezza, l’inclusione e per la salute psico-fisica del personale e degli studenti/esse. Ridurre il numero degli alunni/e significa anche creare nuovi posti di lavoro, migliorare la relazione educativa e consentire una didattica realmente individualizzata. 

No alle Indicazioni Nazionali per il primo ciclo

È un documento fortemente ideologico, intriso di nazionalismo e retorica, che utilizza la «personalizzazione» e la «valorizzazione dei talenti» come strumenti di selezione classista. L’obiettivo politico è costruire nel tempo l’egemonia politico-culturale della destra.  Denunciamo in particolare l’ossessione identitaria e occidentalista, evidente soprattutto nell’impostazione dell’insegnamento della storia, e la deriva autoritaria che attraversa l’intero impianto, in contrasto con l’idea di una scuola attiva, democratica, pluralista e aperta. In tale direzione è un segnale grave che il MIM abbia censurato il corso di formazione sull’educazione alla pace del CESTES e dell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università.

NO alla militarizzazione del sapere. No all’aumento delle spese militari

La sempre più pressante ideologia bellicista – che esalta l’identità nazionale, la cultura occidentale, la patria – entra nelle nostre scuole non solo attraverso le Indicazioni nazionali, ma soprattutto con la presenza delle FF.AA. e dell’ordine che, sostituendosi ai docenti, veicolano nelle menti dei nostri giovani risposte securitarie e repressive al disagio giovanile (bullismo, violenza di genere).

No all’Autonomia differenziata   

L’AD non garantisce i servizi essenziali e i diritti civili e sociali su tutto il territorio nazionale, frammenta scuola e sanità creando disuguaglianze nell’offerta formativa, nei diritti sociali, in particolare nei diritti all’istruzione e alla salute della popolazione.

A PALERMO corteo dalla Stazione Centrale
piazza Giulio Cesare – ore 10.00

A CATANIA piazza Stesicoro – ore 10.00

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QUI il volantino da diffondere nelle scuole

CORTEO A PALERMO in via Roma e ai Quattro Canti

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