IL TRIBUNALE DI PALERMO RICONOSCE TUTTO IL PRERUOLO AI NOSTRI RICORRENTI
Un’altra Sentenza del Tribunale di Palermo [reg. 8752/2019] ha finalmente raggiunto l’obiettivo del riconoscimento ai nostri ricorrenti “alla data dell’immissione in ruolo [omissis], all’inserimento nella posizione stipendiale corrispondente a quella di un docente con riconoscimento” integrale di tutti i periodi effettivamente svolti con contratti a tempo determinato.
E pertanto, ha dichiarato “il diritto dei ricorrenti al pagamento delle conseguenti differenze retributive a titolo di arretrati, oltre interessi legali, nei limiti della dichiarata prescrizione” e condannato “il Ministero convenuto alla integrale refusione in favore della ricorrente delle spese di lite che si liquidano in euro 3.000,00 oltre spese generali, CPA e IVA come per legge”.
Inoltre, questa sentenza, oltre a rinviare integralmente alle argomentazioni contenute nella fondamentale – “in ragione della novità e dell’importanza delle questioni giuridiche coinvolte” – sentenza n. 31149/2019 della Corte di Cassazione, ne riepiloga i seguenti passaggi essenziali:
1. il CCNL prevede l’attribuzione al personale con contratto a tempo indeterminato di un trattamento economico differenziato per posizioni stipendiali [cd “gradoni”] al completamento di determinati periodi di servizio;
2. con l’entrata in vigore del CCNL del 14.8.2011 le posizioni stipendiali sono state ridotte a 6 – penalizzando fortemente le retribuzioni del personale – eliminando la fascia 0/3 anni che attribuiva un primo scatto stipendiale già al compimento di 3 anni di servizio;
3. all’immissione in ruolo il dipendente viene inquadrato nella prima fascia stipendiale, ma poi, successivamente al superamento del periodo di prova, e a domanda dell’interessato, sono prese in considerazione le supplenze fatte anteriormente all’immissione in ruolo;
4. con un apposito decreto di ricostruzione della carriera, questi servizi si sommano all’anzianità di servizio in ruolo, rideterminando la corretta fascia stipendiale spettante al momento della conferma in ruolo, con tutte le conseguenze in termini di evoluzione successiva della retribuzione, compreso il pagamento di eventuali arretrati che risultino dovuti;
5. questa ricostruzione è regolata dagli artt. 485 e 489 del d.lgs. n. 297/1994, dall’art. 4, comma 3, l. n. 399/1988 e dall’art. 11, comma 14, della l. n. 124/1999;
6. in applicazione dell’art. 489 del d.lgs. n. 297/1994 – come interpretato dall’art. 11, comma 14 della l. n. 124/1999 – vengono raggruppati i servizi a termine in base all’anno scolastico di riferimento, prendendo in considerazione per la ricostruzione della carriera soltanto quelli che, sommati tra loro, raggiungono almeno 180 giorni nell’ambito dell’anno scolastico corrispondente;
7. quindi gli anni scolastici in cui ci sono da 180 a 365 giorni di servizio entrano dunque nel computo dell’anzianità come anno intero, mentre quelli in cui ci sono meno di 180 giorni non contano nulla;
8. calcolata così l’anzianità anteriore all’immissione in ruolo, si applica l’art. 485 e si ricostruisce l’anzianità utile a fini retributivi prendendo in considerazione i primi 4 anni per intero e quelli successivi soltanto per due terzi.
Un procedimento che quasi sempre penalizza il personale che ha svolto molti anni di precariato rallentandone vistosamente i progressi stipendiali rinviando il passaggio ai “gradoni” superiori.
La sentenza della Cassazione ha così definitivamente stabilito che si realizza “un problema di discriminazione solo quando “l’anzianità effettiva di servizio, non quella virtuale ex art. 489 d.lgs. n. 297/1994, prestata con rapporti a tempo determinato, risulti superiore a quella riconoscibile ex art. 485 d.lgs. n. 297/1994, perché solo in tal caso l’attività svolta sulla base del rapporto a termine viene ad essere apprezzata in misura inferiore rispetto alla valutazione riservata all’assunto a tempo indeterminato”.
Infine, la sentenza del Tribunale di Palermo ha ribadito – sulla scorta della sentenza Cass. n. 2232/2020 – che l’anzianità di servizio “rappresenta la dimensione temporale del rapporto di lavoro, insuscettibile di un’autonoma prescrizione, distinta da quella dei diritti, a contenuto patrimoniale, che su di essi si fondano. Pertanto, essa può essere sempre accertata anche ai fini del riconoscimento del diritto ad una maggiore retribuzione”.
Rimane quindi sempre possibile tutelare il diritto a una maggiore retribuzione anche per colleghe e colleghi che ancora non abbiano agito contro questo meccanismo discriminatorio.
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