CONTRO PATRIARCATO E “EDUCAZIONE” SECURITARIA

Contro il patriarcato e una “educazione” securitaria nelle nostre scuole

Il governo non vuole sentire nominare la parola “patriarcato“, una parola precisa, l’unica in grado di dare profondità e spiegazione al problema dei femminicidi; non ne vuole sentire parlare perché si tratta di una parola rivoluzionaria, portatrice di una visione del mondo capace di rimetterlo in discussione.

Ma è solo da qui che si può partire, se veramente si vuole affrontare il fenomeno, nella consapevolezza che i percorsi di mutazione sono lenti, anche se possono conoscere improvvise impennate e accelerazioni, come fa ben sperare la disobbedienza di massa che studenti e studentesse hanno messo in atto rifiutando il cerimoniale minuto di silenzio chiesto dal ministro Valditara.

La risposta sul piano repressivo del governo non solo non modificherà sostanzialmente la situazione, ma soprattutto non è in grado di cominciare a piantare semi per un futuro diverso. L’intervento sulla scuola avrebbe, invece, proprio questo obiettivo di lunga scadenza, ma il piano del ministero mostra in modo inequivocabile che questa classe dirigente non sa e non vuole agire nell’unica direzione possibile e feconda verso la decostruzione degli stereotipi di genere: mentre le scuole, di anno in anno, sono state obbligate a svolgere sempre più attività in legame con le aziende nell’ottica della subordinazione dell’istruzione al mondo produttivo, le trenta ore previste da Valditara diventano invece facoltative; pensiamo poi alla superficialità con cui si pensa, con i soliti corsetti di qualche ora, di formare i e le docenti che seguiranno le attività.

Fumoso e concepito come occasionale poi l’intervento di esperti esterni e molto preoccupante la sottolineatura degli aspetti legali e penali come concetti da veicolare tra studenti e studentesse “al fine di sensibilizzarli e responsabilizzarli sulle conseguenze, anche penali, di comportamenti violenti nei confronti delle donne e delle ragazze”. Non sarà che gli esperti che maggiormente vedremo nelle nostre scuole saranno agenti, magari donne, della polizia di stato?

È, d’altra parte, questo un intervento che già da anni viene portato all’interno delle scuole, dove personale delle forze dell’ordine incontra i ragazzi e le ragazze su tematiche quali il cyberbullismo, l’educazione stradale, la violenza di genere. Sarà molto facile, dunque, implementare attività che hanno già una presenza radicata negli istituti scolastici e che l’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università ha da subito contrastato in quanto decisamente lontano da quello che si intende per progetto educativo: il paradigma che viene proposto è infatti quello di norma/infrazione/punizione, mentre tutti questi fenomeni hanno bisogno di un approccio complesso, l’unico in grado di educare veramente.

Il paradigma securitario sarà, dunque, probabilmente fortemente presente nelle attività che troveranno impulso nelle scuole per reagire alla tragedia di Giulia, interventi in un’ottica securitaria che rispecchia la cultura fascista e patriarcale di cui questo governo è espressione. I e le docenti devono cominciare a reagire, rivendicando il loro ruolo di educatori e educatrici, rifiutando progetti calati dall’alto che prevedono la presenza dei militari e delle forze dell’ordine nelle loro scuole; occorre al contrario fare interagire la scuola con quanto in questi anni si è battuto contro il patriarcato, affrontando l’analisi di questa parola e invitando semmai nelle scuole le tante donne, i tanti movimenti culturali e politici presenti nel nostro paese.

Facciamo riflettere i nostri studenti e le nostre studentesse sulla parola patriarcato, perché non dobbiamo avere paura, come chi ci governa, che essa metta in discussione i rapporti di potere della nostra società; al contrario, dobbiamo educare contro gli stereotipi di genere perché vogliamo che la scuola torni con forza ad essere un luogo in cui la società costituita viene messa in discussione, un luogo in cui la formazione di un futuro diverso dal presente sia uno dei principali obiettivi.

Serena Tusini, Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università

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